Corpus Domini
Questo primo versetto ci aiuta ad entrare bene nelclima di questo vangelo e dellaa nostra festa di oggi. Dunque, uscivano verso il monte degli ulivi, comincia il dramma della passione, l'agonia di Gesù in questo orto, poi la cattura, e tutto il resto che conosciamo. Ma l'evangelista dice che prima hanno cantato l'inno, questo ci dice come si svolgeva la cena pasquale, oggi noi diremo un cenone, ma esattamente l'opposto di quello che è il nostro cenone di Capodanno, dove c'è festa c'è baldoria, canti suoni, non era così la cena pasquale. Era una cena quasi liturgica, perché prevedeva intanto vari momenti intervallati sempre dalla preghiera, dall'inno. Cantavano i Salmi dell'Hallel, dell'alleluja, spartiti in vari momenti, l'ultima parte era il grande Hallel, il grande Inno, il Salmo 118. Ma prima c'erano gli altri brani, poi c'era il momento importante del racconto, quando il più piccolo della famiglia, domandava al più anziano: "Ma perché questa sera facciamo questa cena così strana, così diversa, come preghiere, i canti, l'agnello, le erbe amare, il sugo color mattone" e il nonno ricordava: " perché noi eravamo schiavi in Egitto, ma il Signore ci ha trasferiti, ci ha fatti passare - Pasqua- dalla schiavitù alla libertà fino al Sinai, poi vedremo. Questa era dunque l'ossatura, della cena pasquale che andava preparata ecco perché Gesù ci tiene alla preparazione, manda in città due discepoli, trovano il posto, perché c'erano dei saloni che venivano affittati in questa circostanza e fanno gli ultimi preparativi. Gesù ha tenuto a che questa celebrazione, fosse bella, solenne, senza economie diremo noi oggi, mentre è nato in una grotta, per la cena ultima, per l'istituzione di questo sacramento che noi oggi adoriamo, ha voluto la sala grande, il piano superiore, ben arredata; è un momento straordinario della vita di Gesù, collegato direttamente con la sua passione, morte e risurrezione. Poi c'è la cena che abbiamo sentito. L'evangelista trascura molti particolari, non nomina mai l'agnello, perché non c'è più bisogno, l'agnello ormai è Lui immolato per noi. È Gesù. E ci descrive però le parole e i gesti di Gesù, prese il pane, disse la benedizione e lo diede ai discepoli, dicendo: "Prendete questo è il mio corpo". Per l'Ebreo il corpo vuol dire la persona, anche per noi. Perché se noi possiamo stabilire i rapporti interpersonali è perché abbiamo il corpo. Altrimenti non potremo conoscerci, comunicarci, il corpo sono io, quindi questo pane sono io. Prendetelo. È qualcosa di più che prendetelo con le mani e mangiatelo e accoglietelo, accoglietemi. Accogliete questo dono che io vi faccio. Poi abbiamo sentito il quarto calice, perché erano quattro i calici, i calici che venivano bevuti durante la cena. E qui Gesù dice "Questo bevetene tutti, questo è il sangue mio, dell'alleanza" con queste parole Gesù vuole ricordare quello che abbiamo sentito nella prima lettura. E cioè il momento più bello e più importante della storia degli Ebrei. Erano stati schiavi in Egitto, il Signore per mezzo di Mosè li aveva portati fuori fino al Sinai. Qui avviene il miracolo, unico nella storia, che Dio si propone amico di questo gruppetto di esuli, che diventa il suo popolo, perché "mia è tutta la terra" ma voi siete il mio tesoro dice Dio agli Ebrei, e a questo popolo Dio si rivelagli comunica il suo nome, e poi fa una proposta ardita: "Io sono vostro amico se voi lo vorrete e voi sarete il mio popolo, un legame di amicizia. Dio che si propone amico, del popolo di Israele, è una cosa unica. Questa amicizia che ha il nome tecnico di "alleanza". Ma non basta, l'alleanza veniva stipulata con dei segni precisi, non c'erano i notai quella volta, allora si prendevano degli animali, venivano spaccati, e i contraenti passavano tra le due parti di queste vittime, voleva significare intanto che era un patto serio, c'era di mezzo il sangue e poi chi avesse giurato l'alleanza seguiva la sorte di quelle bestie. Qui il rito è diverso, prima si raccoglie il sangue, ne asperge il popolo, e dice questo è il sangue dell'alleanza che Dio stipula con voi. Notate, il sangue, per l'ebreo è la vita. Tanto è vero che era proibito mangiare il sangue degli animali, non si poteva mangiare il sangue è la vita. Allora vuol dire questo patto tra Dio e l'uomo e il popolo eletto è un patto di sangue, che afferra la vita, un patto che Dio stringe con il suo popolo, e Dio è sempre fedele, e che comprende tutta l'esistenza. Israele è preso dall'amore di Dio, al cenacolo Gesù ripete le stesse parole, con una diversità, questo è il sangue dell'alleanza, l'ultima, quella definitiva, la nuova alleanza, "nel mio sangue". Eccola la differenza, non il sangue dei tori e dei vitelli, ma il sangue suo, Gesù morendo in croce ci rivela tutto l'amore del Padre, che si lega a noi. All'umanità, non più ad un popolo a tutti. Sangue sparso per voi e per la moltitudine cioè per l'umanità. È il dono supremo di Gesù, che sulla Croce tutta la sua vita e la sua morte. Come atto supremo di amore a Lui e a noi. perché il Signore è morto per noi. San Paolo diceva: io vivo nella fede del Figlio di Dio, che ha amato me, e ha dato sé stesso per me. Ecco il senso della festa di oggi. Gesù che si limita, si chiude nei segni del pane e del vino per essere nostro amico. Per rinnovare l'alleanza, che si rinnova ogni giorno, ogni volta che noi celebriamo l'Eucaristia, perché tutte le volte Gesù ci offre di nuovo il corpo, e il sangue per la nostra salvezza. Allora questa celebrazione evidentemente cambia tutto, cambia la storia dell'umanità, perché noi della storia dell'umanità vediamo solo la superficie, quella che fa parte, dei giornali, dei telegiornali, delle chiacchiere nostre quotidiane, ma sotto c'è qualcosa di più robusto per fortuna, c'è il flusso del sangue di Cristo che la salva, la riscatta l'umanità ogni giorno. E ci siamo tutti. Nella misura in cui accogliamo questo dono del Signore, perché Lui offre tutto sé stesso ma non obbliga nessuno a prendere il dono. Ci invita: "Prendete" ma tocca a noi accoglierlo. Tocca a noi entrare in questo mistero d'amore. Ecco l'Eucaristia, il corpo e il sangue del Signore, per noi. Quindi per la nostra crescita, perché ogni giorno rinnoviamo il nostro rapporto di amore al Signore, che deve crescere sempre, questo amore che poi si dilata, Non si limita al momento della preghiera in Chiesa. Ma diventa universale. Cari fratelli e sorelle oggi mi permetto di concludere con due osservazioni che devono farci un momento riflettere. La prima: quale è la nostra fede nel Mistero Eucaristico? Ci crediamo realmente che quando veniamo in Chiesa, noi troviamo il Corpo e il sangue e l'anima e la divinità di nostro Signore Gesù Cristo? Qualche volta viene da dubitare, da come ci comportiamo in chiesa, dall'aspetto superficiale. Non faccio adesso le analisi, né prediche di ...ma possa andare il rispetto a quando si va a ricevere la comunione, con le mani ben messe. Non è un oggetto, è la Persona di Gesù, e come tale noi adoriamo e la ringraziamo di questo dono, incommensurabile. E aggiungo e chiediamo anche perdono al Signore, primo dell'indifferenza con cui molti cristiani trattano questo mistero o non lo trattano affatto, che è la cosa peggiore. Poi per il comportamento non sempre... non parlo dei grandi scandali e dei sacrilegi contro l'Eucaristia, quelli sono peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, ma del nostro comportamento, spesso irriguardoso, non rispettoso, quando si entra in chiesa, tutto si pensa meno che a salutare Lui, lì, nel tabernacolo. Il Signore ci aiuti a recuperare il senso non della devozione, ma dell'adorazione, dell'amore, della gioiosa accettazione dell'alleanza che anche oggi Lui vuol rinnovare con noi. È nostro amico, e noi dovremo essere un po’ più amici suoi.